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lunedì 30 aprile 2012
Devo essere onesto. Quando stamattina ho letto l'Unione Sarda un brivido (caldo) mi ha percorso la schiena. Queste le parole visitate dai miei occhi che hanno provocato un mini shock mattiniero:
L'autonomia regionale è una camicia stretta, nove sardi su dieci vorrebbero un governo locale con più poteri. Alcuni di loro si accontentano di una piena sovranità fiscale, altri (addirittura il 40%) si spingono a sognare l'indipendenza. Ma sembra ormai un patrimonio comune la richiesta di un vero autogoverno dell'Isola. Lo dice una ricerca dell'Università di Cagliari, presentata nei giorni scorsi a Edimburgo (dove è in corso un lavoro parallelo).
Questo è il commento a margine di una ricerca dell'Università di Cagliari presentata nei giorni scorsi a Edimburgo. Le rilevazioni statistiche non hanno il dono dell'infallibilità papale così come definita nella Pastor Aetemus del 1870, ma ne possiamo comunque trarre delle linee di ragionamento. Dall’indagine si evince che i sardi manifestano un desiderio di dotarsi di un maggiore perimetro normativo su cui costruire un fattivo autogoverno per l’Isola. Tradotto in semplici parole: maggiore sovranità.
Questo denota la maturità politica e la
consapevolezza che i cittadini sardi hanno rispetto alle problematiche che travolgono
la Sardegna. Questo fiume paradigmatico sfocia nel grande mare della politica.
Il significare l'Autonomia come una "camicia stretta" designa una
grande voglia di mutamento e di politica. Esatto. La parola indicibile di
questo tempo di crisi. Politica. Questo sondaggio stabilisce una possibile
traiettoria per tutte le forze politiche presenti sull'Isola: il popolo sardo
ha bisogno di un progetto serio di governo che prenda atto che l'Autonomia è
finita.
Su queste basi sarà possibile ricostruire un tessuto rappresentativo e
fiduciario tra eletti ed elettori. Tra la politica e il cittadino. Da queste
considerazioni potrebbe ripartire la riscossa contro i pericoli
dell'antipolitica montante. Questo per far sì che l'individuo non si rifugi
nelle periferie di se stesso, ma si senta parte di un grande progetto di
rinnovamento legato al posizionamento della Sardegna nel mondo. I sardi hanno
necessità di un'istituzione mediana che agisca da tramite tra i loro interessi,
l'Europa e la globalizzazione.
Le soggettività territoriali (piccole imprese,
lavoratori materiali e immateriali e individui) percepiscono la loro presenza
nella rete globale come priva di potere. In balia di poteri lontani. Liquidi e
tecnici. Insormontabili. Da qui deve ripartire la politica. Rappresentando
tutte queste soggettività e caricandole di potere. In Sardegna questo processo
potrebbe trovare solidità nella riscrittura di un nuovo Statuto, ovvero uno
strumento che rappresenti i sardi nel mondo. Vedremo se sarà così. In questo caso, parafrasando un fortunato slogan di Clinton, potremmo dire: It's self-government...Stupid!
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