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lunedì 7 maggio 2012


E' stato un fine settimana appassionante dal punto di vista politico. In Sardegna. In Europa. Hollande è il nuovo presidente della Repubblica francese. Dopo diciassette anni, la sinistra socialista riappare all’Eliseo. Sarkozy è stato sbaragliato anche se sul voto transalpino indugia l'ombra del Fronte National e del suo sempre più sostanzioso peso politico. 

In Europa il fronte del rigore, guidato dalla cancelliera Merkel, smarrisce quindi un alleato importante come Sarkozy. L’aspettativa è che Hollande, definito un leader normale, possa premere verso una maggiore crescita economica a discapito del rigorismo fiscale sostenuto dalla Germania. 

In Grecia le elezioni hanno premiato i partiti della sinistra antiliberista e bocciato le forze politiche favorevoli al rigore. Anche ad Atene impera un’ incognita: per la prima volta entrano nel parlamento i neonazisti del partito Alba d'Oro. Una macchia nera che trova estensione nelle istituzioni repubblicane. Come sarà plasmata la maggioranza di governo? La Grecia è nel caos. 

In Germania si è votato nel Land dello Schleswig-Holstein dove non si è riscontrato un crollo della CDU. Il partito dei Pirati, recente fenomeno politico nato a Berlino, ha ottenuto l'8% dei voti e potrebbe essere determinante per la composizione di un governo di sinistra con SPD e Verdi. L'Europa è trapassata da venti populisti e destre xenofobe le cui conseguenze potrebbero essere una lenta  disgregazione dei sistemi politici. Urge un piano di rilancio a favore di un Vecchio Continente più solidale e meno condiscendete con le banche. Un rilancio dell'Unione politica e una decremento delle politiche di austerità. Questa è la sfida a cui devono fare fronte le sinistre in Europa.  

In Sardegna è stato superato il quorum per il referendum proposto dal Movimento Referendario. La democrazia diretta è uno dispositivo fondamentale e necessario: il metodo non è in discussione. Ma la sostanza? E' stato realmente un voto contro la casta e a favore di una Sardegna preferibile? Credo di no. L'elezione diretta del Presidente della Regione ha delle ricadute in termini di sistema politico. 

Con questo meccanismo la Sardegna trasvola verso un presidenzialismo spinto a cui si associa un restringimento del numero dei consiglieri regionali. Grazie a tale combinazione potremmo avere un bipolarismo forte e un assottigliamento del numero di culture politiche (e territori) rappresentabili nel parlamento sardo. Perché non diminuire gli stipendi senza intaccare lo spettro rappresentativo? Abolire le provincie potrebbe essere anche assennato se ci fosse una percorribile proposta di federalismo interno come soluzione alternativa. 

La Nuova Sardegna sostiene che questa tornata elettorale è stata un successo politico per Ugo Cappellacci e il partito dei Riformatori che hanno sostenuto con maggiore energia il movimento trasversale formato dagli amministratori locali. Dal mio punto di vista l'unico vero quesito da proporre sarebbe dovuto essere quello sull'Assemblea Costituente, congiunto ad una grande discussione pubblica che avrebbe trascinato i sardi verso un voto di portata storica. 

Una volta dibattuto e riorganizzato lo Statuto avremmo modificato anche le nostre istituzioni amministrative, come gli enti e le province, in modo da contenere eventuali sprechi. Rimane il dato positivo della partecipazione dei sardi alla vita democratica dell'Isola. Da qui bisogna ripartire. In Sardegna ed in Europa è tempo di progetti e visioni che cambino radicalmente lo status quo. Ma per davvero.

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