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lunedì 23 luglio 2012

Asghar Farhadi
Per il cinema iraniano ho sempre avuto un debole. Quindi questa recensione non sarà oggettiva. Il lungometraggio in questione si intitola Una separazione del regista Asghar Farhadi. Tra i vari premi ottenuti da questa pellicola c'è da sottolineare l'Orso d'oro del 2011 al Festival internazionale del cinema di Berlino come miglior film, conquistando anche il Premio speciale della giuria dei lettori del Berliner Morgenpost e il Premio della Giuria Ecumenica. 

Primo particolare da mettere sul piatto della recensione: in tutte le scene l'imposizione del velo alle donne compare anche tra le mura domestiche.  In Iran tale precetto non si applica nella vita reale. Le donne sono obbligate ad indossare il copricapo solo nei luoghi pubblici e non per esempio nell’appartamento in cui vivono con la propria famiglia. Ma il cinema non è forse una grande finestra aperta sul mondo da cui tutti possono sbirciare? Per la Guardia rivoluzionaria il film diventa per tanto un luogo pubblico. La conseguenza? Velo sul set. Sempre.  




La trama del film trae origine da un semplice fatto della vita: una coppia che si separa e le conseguenze che questa scelta comporta. Nello scorrere delle sequenze si incrociano un Iran laico e uno profondamente religioso. Quest'ultimo è incarnato da una donna che lavora come badante. Ad un certo punto del film è posta davanti ad un dilemma, ovvero se è peccato o no pulire un anziano che ha appena avuto problemi di incontinenza. 

E' un gesto puro o impuro in relazione alle leggi coraniche? La soluzione la si trova telefonando ad un esperto di Islam il quale esprimerà un parere vincolante: non è peccato per una donna pulire un anziano che non appartenga alla propria famiglia. In quella telefonata stile "call center di Allah" è sintetizzato l'Iran odierno. Un paese aperto, giovane e permeato ad una cultura straordinaria, ma ancora prigioniero della Rivoluzione islamica del 1979

Proprio la parte laica del paese è incarnata dalla donna in via di separazione dal marito. Il suo obiettivo è lasciare la Repubblica per dare un futuro preferibile alla figlia adolescente. Due donne. Due maniere di fuggire diverse e due modi distinti di relazionarsi con la Repubblica islamica. 

La prima fugge dalla modernità domandando aiuto alla religione per ogni sua scelta, l'altra fugge dalla realtà che la circonda con l'idea di migliorare le condizioni di vita della figlia. Donne protagoniste ma sempre legate alle scelte degli uomini. Comunque un film capolavoro. Oggettivamente.

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